Di cosa parliamo quando parliamo di poesia? Di cosa parliamo quando parliamo di poeti? Le risposte sono innumerevoli e forse ancora tutte da dare. Il poeta è il fanciullino di Giovanni Pascoli, il veggente di J. A. Rimbaud, “l’ignoto legislatore del mondo” come lo definisce P. B. Shelley; C.A. De Sainte Beuve dice che “ In tre quarti degli uomini c’è un poeta che muore giovane, mentre l’uomo sopravvive” e le citazioni potrebbero ovviamente continuare. E la poesia, quante sono le definizioni che ne sono state date? Su tutte quella di Emily Dickinson: “Se leggo un libro e tutto il mio corpo diventa così freddo, che nessun fuoco può scaldarlo, so che è poesia. Se mi sento, materialmente, come se mi avessero tolto la calotta cranica, so che è poesia. Per me, sono gli unici modi di riconoscerla. Ce ne sono altri?”
Forse i veri poeti sono solo coloro che troviamo sulle antologie scolastiche, che conoscono e applicano le regole della metrica, che sanno fare ardite metafore, che vengono riconosciuti dal plauso del pubblico? E’ anche questa una domanda aperta. Noi, l’Associazione che mi onoro di presiedere e il Circolo di lettura che ne è una costola, a questa domanda rispondiamo: certamente, ma riteniamo anche che esistano tante persone che nella vita fanno altro, che studiano o insegnano, che stanno dietro un bancone o una cassa, che accudiscono i bambini o lavano i pavimenti, e che, nelle ore in cui restano soli con la propria anima, scrivono versi. Magari li tengono chiusi per anni in un cassetto, forse li fanno leggere solo a qualcuno. Probabilmente non sempre sono opere di genio, forse, ascoltandole, non si sente la scossa di cui parla la Dickinson. Eppure, nel momento in cui scrivono, mentre cercano di esprimere in versi il loro mondo, la loro vita e se stessi, sono poeti. Abbiamo voluto definire le loro poesie “leggère” per non usare quello, sicuramente più negativo, di “dilettantesche”. Il termine nasce innanzitutto da un gioco linguistico, un cambio di accento con il verbo leggere che è l’oggetto di questa iniziativa, ma indica anche che leggeremo poesie “leggère” perché, in massima parte, non sono scritte da “addetti ai lavori”, perché sono poesie che hanno quella leggerezza che è propria delle cose fatte con e per amore, senza “mestiere”. E che, proprio per questo possono raggiungere più facilmente un pubblico anch’esso in un certo senso “indiretto”, che speriamo possa comprendere anche, e soprattutto, coloro che difficilmente si sentono coinvolti dalla poesia.
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